La programmazione didattica è ormai definita. Come tutti anche io ho collaborato con i colleghi per aggiornare programmazioni dipartimentali e disciplinari. Ci atteniamo agli standard e alle normative vigenti, che ci chiedono di non limitarci a stilare un normale programma, ma di distinguere tra conoscenze, competenze e abilità.
Non contesto questo approccio, anzi ritengo giusto che vi siano linee guida comuni, che, pur senza negare la libertà di insegnamento, rendano confrontabili i diversi percorsi. Ma cerco di non dimenticare che al centro di tutto dovremmo sempre privilegiare la conoscenza e una specifica abilità, quella del pensare.
Insegno informatica in uno dei due rami del liceo scientifico, nell'altro c'è invece il latino. Apparentemente molto diverse, queste due materie hanno in comune, secondo me, una particolare forza su questo aspetto.
Quando ragioniamo lo facciamo in italiano; solo chi lo conosce davvero bene sa mettere a fuoco ed esprimere il proprio pensiero. Quindi cosa c'è di meglio che studiarne la radice, cioè il latino? Potrebbe un botanico affermare di sapere tutto di una pianta studiandone solo la parte aerea?
Dal suo canto, l'informatica sviluppa il pensiero algoritmico, computazionale. Di fronte a un obiettivo ci insegna a riconoscere l'essenziale e a concentrarvi il pensiero.
Che la differenza tra i due indirizzi del liceo scientifico sia solo in queste materie è un'eccessiva, anche se comune, esemplificazione; comunque, volendo ragionare su questa base, restano entrambe, secondo me, scelte valide; due materie che possono insegnarci a pensare.