Un po' in anticipo rispetto al solito, è già arrivata la consueta filippica ministeriale contro i cellulari a scuola per il nuovo anno scolastico. Ed è da quando insegno che vedo nei vertici scolastici questa contraddizione: da un lato ci propongono corsi su metodologie didattiche fondate sul digitale, ci spingono verso la transizione digitale, incentivano la dematerializzazione e indicano come obiettivo lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti. Dall'altro, partono crociate periodiche contro il “cellulare” e l’uso dello “smartphone” in classe.
Ma, ecco il punto, secondo me questa è una contraddizione solo apparente. L'errore sta nel puntare il dito contro il cellulare, quando il vero problema sono gli algoritmi dei social. Questi sono i veri nemici, non il dispositivo in sé che, usato correttamente, è una risorsa preziosa per il lavoro e lo studio. Pochi notano questo aspetto cruciale, probabilmente perché molti adulti hanno creato una sorta di equazione: cellulare = internet = social. Io credo che, piuttosto che togliere i cellulari ai ragazzi, dovremmo insegnare loro a disattivare le notifiche e tenerle spente durante le ore di scuola.
E un'altra cosa: chi ha detto che il cellulare esclude la scrittura a mano? Io ho passato una vita tra i computer, ma non ho mai smesso di scrivere a mano. Anzi, amo acquistare blocchi per appunti e scelgo con cura maniacale l'inchiostro delle mie penne. Allo stesso modo, acquisto sia ebook che libri cartacei, a seconda del tipo di libro che devo leggere.
Non possiamo quindi demonizzare il cellulare; dobbiamo insegnare agli studenti ad usarlo in modo produttivo, a non diventare schiavi dei social e ad amare la carta non meno dei display. E che la tecnologia non è il nemico, ma un alleato che occorre imparare a gestire.