“Non firmate mai nulla senza aver prima letto” diceva il mio maestro delle elementari. Nutrivo per lui grande stima e per questo ho indelebilmente memorizzato tutto ciò che egli abbia ripetuto più di una sola volta. Così credevo che la mia insofferenza per le firme inconsapevoli fosse una delle mie piccole, peculiari manie e invece l’ho trovata esplicitamente elencata tra i punti apprezzati nella bella recensione di “Io docente alieno”, pubblicata su questo blog pochi giorni fa.
Oggi però, se fosse ancora in vita, andrei a chiedere lumi al mio vecchio maestro. Ai suoi tempi, nel più complicato dei casi, si firmava in calce a poche pagine dattiloscritte.
Poi, complici l’informatica (o meglio il modo nel quale la si è usata; avrebbe invece dovuto realizzare la dematerializzazione) e la follia legal-burocratica della nostra epoca, ci siamo trovati di fronte a moduli da firmare sempre più “esuberanti”, nonostante i caratteri microscopici, e a constatare che, a voler ad esempio aprire un conto in banca seguendo l’insegnamento del mio maestro, oltre a passare per pazzi con il funzionario che ci sta di fronte, sarebbe necessario attrezzarsi per sopravvivere un paio di giorni allo sportello.
Ad onor del vero ultimamente qualcosa sta cambiando; parlo della firma grafometrica. Non so se anche voi ne avete già fatto l’esperienza; firmiamo su un pezzo di plastica, una tavoletta elettronica, e salvaguardiamo l’ambiente (risparmio di carta e spazio). Intendiamoci, ne sono felicissimo; però anche così firmiamo, di fatto, totalmente “al buio”.