Non è informatica, sarebbe banale che io ne scrivessi un articolo. Non è la matematica e nemmeno le altre discipline scientifiche. Intendiamoci, sono tutte cose importantissime, ma io non le vedo al primo posto.
L'inglese perderà importanza, ormai i modelli di linguaggio reagiscono sostanzialmente allo stesso modo, qualunque sia la lingua nella quale formuliamo l'input.
Quello che fa la differenza è invece il modo nel quale formuliamo la domanda. Descrivere perfettamente e senza ambiguità o fallacie logiche ciò che ci serve sarà la competenza chiave. Una delle professioni più richieste nel prossimo futuro sarà quella del prompt engineer, che si occuperà proprio dell'interazione ottimale con l'intelligenza artificiale.
Per questo, secondo me, la materia più importante da insegnare/studiare bene a scuola, per preparare le prossime generazioni al futuro entusiasmante che le attende, è l'italiano.
Edsger Dijkstra, il grandissimo informatico olandese, ebbe a dire che il bene più importante per un informatico competente è la perfetta conoscenza della propria lingua madre. Noi pensiamo in italiano, esprimiamo il nostro pensiero in italiano. Un italiano povero corrisponde a un pensiero banalizzato. Bisogna invertire la tendenza sul numero dei lemmi conosciuti. Restituire importanza alla grammatica e alla punteggiatura; personalmente inorridisco quando vedo virgole sistematicamente posizionate a casaccio, vuol dire che quella persona ha carenze nella costruzione logica di un pensiero.
Il 15 dicembre scorso resterà una data fondamentale, il potente modello linguistico basato su GPT-3 è alla portata di tutti. Io lo sto sperimentando moltissimo. A richieste banali, o anche intelligenti ma generiche, risponde in modo prevedibile, ma a domande ben formulate, dettagliate e corredate delle giuste informazioni sul contesto risponde in modo sorprendentemente preciso ed efficace. Ho anche provato la presunta abilità di scrivere codice informatico (ci sono programmatori preoccupati che la IA sostituirà persino loro). Bene, al di là dei casi scolastici standard (tipo ‘scrivimi in C l'algoritmo di bubble sort’), nella realtà di quello che mi serviva, mi forniva quasi sempre risposte errate; insistendo e riformulando, quando alla fine ho ottenuto qualche risposta valida e completa, mi sono accorto che avevo impostato la richiesta in modo più che impeccabile. Però avevo fatto molta più fatica che non a scrivermi quel pezzo di programma da solo.
Insomma è giunto il momento in cui si realizza quello che gli insegnanti illuminati hanno sempre detto ai loro allievi: “una buona domanda è più importante di una buona risposta”. E forse agli studenti oggi non dovremmo più chiedere (o almeno non solo) di rispondere ad una traccia, ma di saper comporre una traccia efficace.
PS: mi riferisco alla scuola, all'università invece le discipline fondamentali saranno sempre quelle specifiche del corso di laurea, con l'italiano che resta un prerequisito